Mi sembra che nessun organo di stampa locale abbia riportato questa notizia.
Sarà un notizia di vita privata però io la prendo ad esempio per far vedere come si comporta la stampa locale.
Meditiamo gente, meditiamo
http://www.corriere.it/cronache/09_luglio_29/Bonomi_i_manager_della_Sea_e_quella_missione_a_Dubai_sergio_rizzo_d454e55a-7c03-11de-bec1-00144f02aabc.shtml
Nel Paese arabo Il ragazzo si trovava in carcere per uno spinello
Bonomi, i manager della Sea
e quella missione a Dubai
Gli uomini della società inviati durante l’arresto del figlio del presidente
Da più di due anni ormai il padre padrone della Sea è Giuseppe Bonomi, uomo considerato fra i massimi esperti aeroportuali italiani. Qualità certamente necessaria per salire al vertice di un’azienda tanto importante, ma in questo caso non sufficiente. Già presidente una decina d’anni fa della società che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate, poi consigliere Anas e per un breve periodo anche presidente dell’Alitalia, è di fede leghista e amicissimo di Umberto Bossi. Ed ha accanto a sé due fedelissimi: Cosimo Giulio De Metrio e Fabio Mangini. Tanto fedeli da essere incaricati a metà novembre 2008 di compiere una missione delicatissima negli Emirati arabi uniti. Motivazione ufficiale, quella di perfezionare un importante accordo commerciale con la compagnia aerea di bandiera Emirates, intenzionata a moltiplicare i voli con destinazione Malpensa. Un accordo presentato da Bonomi ufficialmente alla stampa il 6 dello stesso mese, una decina di giorni prima di quella missione singolare.
Sarà per pura coincidenza ma in quel periodo soggiornava a Dubai anche il figlio di Bonomi, Filippo, protagonista di una brutta avventura: la polizia locale lo aveva fermato mentre il volo che doveva portarlo in Australia faceva scalo tecnico. La ragione dell’arresto è la stessa che ha fatto passare a molti giovani cittadini occidentali esperienze simili: detenzione di una modica quantità di stupefacenti. Il giovane Bonomi aveva uno spinello. Un peccato veniale, altrove. Ma un fatto del genere lì può causare problemi seri al malcapitato.
Tuttavia il giovane Bonomi se la sarebbe vista ancora più brutta se gli Emirati non avessero ammorbidito per puro caso giusto qualche settimana prima le leggi in materia. E per sua fortuna la disavventura si è risolta con la scarcerazione dopo un mese e mezzo. Avvenuta poco dopo la coincidenza della missione commerciale dei collaboratori di suo padre. Coincidenza che non può non saltare agli occhi. Anche perché con De Metrio, certamente la persona più competente per trattare intese di quel genere, si è recato a Dubai anche Mangini, che di mestiere fa il supervisore degli acquisiti e degli approvvigionamenti, settore che con un accordo commerciale internazionale c’entra come i cavoli a merenda.
L’intesa con Emirates, che si concretizzava proprio mentre era in svolgimento quell’antipatico fuori programma, è stata una delle varie iniziative per rilanciare Malpensa dopo il disimpegno dell’Alitalia, che aveva creato non pochi problemi alla Sea. Azienda che già proveniva da un passato piuttosto travagliato, durante il quale il comune di Milano aveva prosciugato praticamente tutta la liquidità (almeno 200 milioni) che si era accumulata negli anni con gli utili. E che Bonomi ha deciso di sottoporre a una cura radicale. Cominciando dal rafforzamento delle posizioni di vertice.
Per esempio quella dello stesso De Metrio, protagonista della trasferta in terra araba, cui è stata affidata la supervisione di numerose direzioni oltre al ruolo di vice di Bonomi. Un compito ancora più delicato di quello che ricopriva in precedenza nonostante la sua contemporanea posizione di amministratore e socio di una società di consulenza nel settore trasporti, la T. Consulting, che aveva fondato nel 2005 e della quale è socio anche l’ex direttore generale dell’Alitalia Giovanni Sebastiani. Un conflitto d’interessi sanato successivamente a una rivelazione di Panorama, nel marzo del 2009, con la cessione delle quote avvenuta il 17 aprile. Dettaglio curioso: quella società di consulenza conta fra i suoi clienti la Ata del gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone, azienda che gestisce l’aeroporto privato di Linate, a cui la Sea (prima che De Metrio si sganciasse) ha rinnovato la concessione, in scadenza nel 2022 (fra 13 anni!) fino al 2041.
Mangini ha invece la supervisione degli acquisti. Tutto ciò che riguarda forniture e appalti passa per le sue mani. E non sono bruscolini. Ex braccio destro di Bonomi quando questi era consigliere Anas, non rimpiange di certo quel periodo, che gli costò un patteggiamento per turbativa d’asta. Prima di arrivare alla società aeroportuale Mangini, anch’egli varesino come Bonomi, era consigliere di Raffaele Cattaneo, assessore regionale alle infrastrutture e attualmente consigliere della Sea: la sua figura è quindi ritenuta di importante snodo politico per gli equilibri interni. E qui si apre un capitolo centrale. Indipendentemente da chi siano i suoi proprietari, la società orbita chiaramente nella sfera d’influenza della Lega Nord sulla scia dell’equazione: Malpensa uguale Varese. Vale a dire, il quartier generale del partito di Bossi. Controllo che il Carroccio esercita attraverso Bonomi ma di comune accordo con la parte politica che fa riferimento al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, ex leader di Comunione e Liberazione, rappresentata appunto dall’assessore (varesino) Cattaneo.
E gli azionisti? Non si può certamente dire che il Comune di Milano, con l’85% del capitale, abbia il boccino in mano. Figuriamoci poi la Provincia, che è il secondo azionista con «appena » il 14,5% delle azioni: non ha mai avuto un consigliere, né voce in capitolo. Magari anche per questo Guido Podestà si appresta a infrangere un tabù. Appena insediato, il nuovo presidente della Provincia di Milano dice infatti che la richiesta di una presenza nel consiglio di amministrazione della Sea «è all’ordine del giorno». Ma difficilmente il potere del capo supremo verrà messo in discussione.
Dopo il ritorno alla Sea Bonomi ha ricoperto il doppio incarico di presidente e amministratore fino a quando la Corte dei conti non ha sollevato eccezioni sul suo compenso. Allora si è dimesso dalla carica di amministratore, prontamente abolita, e il consiglio (in sua assenza) lo ha nominato direttore generale, con il risultato di incrementare anche il suo possibile stipendio da 560 mila a 650 mila euro. Non senza polemiche.
Durante l’assemblea che ha certificato un utile 2008 (anche a causa della vicenda Alitalia) praticamente azzerato, passato da 34 a 1,8 milioni, un piccolo azionista (Salvatore Donato) ha chiesto conto di quel fatto, sentendosi rispondere che «si tratta di una soluzione organizzative che risulta adottata da altri grandi aeroporti, come Aéroports de Paris, e, nell’ordinamento italiano, da altre grandi grandi società per azioni con capitale pubblico». E Bonomi ha citato il caso dell’Anas, dove «il presidente (Pietro Ciucci, ndr ) è diventato direttore generale». E la faccenda si è chiusa lì.
Sergio Rizzo
29 luglio 2009
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